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giovedì 6 agosto 2020

Ritrovare il linguaggio del cuore - Laboratorio 30 luglio 2020


Ogni volta il laboratorio si presenta ricco di nuovi spunti e riflessioni che iniziano dalla base di un racconto singolo per poi intrecciarsi e divenire parte comune di tante altre storie riscoprendosi infine uniti da un filo unico che sostiene e ridona forza.
Abbiamo incominciato parlando della difficoltà di affrontare gli innumerevoli cambi di opinioni, scelte e azioni della propria figlia o figlio. Questo pone il genitore in una posizione di affanno nello stare dietro alle tante incongruenze e ambivalenze che la malattia mette in campo. Proprio su questo punto ci siamo soffermati per un po’ di tempo per guardare da vicino di cosa è fatto questo affanno, da dove nasce, dove va a colpire e soprattutto il peso che acquista nella propria quotidianità. Sono state tante le domande poste, tanti i punti di vista osservati. È un affanno che fa parte dell’essere genitori? È un affanno che ha a che fare con la stanchezza? È un affanno che ha origine dall’ agire della propria figlia o figlio? Le risposte possono essere varie. Spesso l’affanno emerge laddove si è troppo coinvolti in ciò che sta accadendo. Allora i confini tra ciò che fa parte di se’ e ciò che fa parte dell’altro si confondono e fanno perdere quel distacco necessario a creare una protezione per entrambi. Nelle occasioni in cui si riesce a definire la debita distanza, al contrario, viene a decadere ogni tentativo di cercare un colpevole. A volte può succedere che si vada a pensare troppo al perché l’altro agisca in quella maniera... e allora forse...non sarà proprio il voler cercare la causa del comportamento della propria figlia o figlio a generare quell’affanno?
Abbiamo poi parlato di quanto sia importante avere vicino a se’ il sostegno del proprio partner. Un papà ha raccontato di aver trascorso momenti molto difficili con la propria moglie, arrivando quasi a rischiare la separazione. Entrambi però hanno avuto il coraggio di rimettersi in discussione come coppia poiché l’amore tra loro è ancora un legame forte. Sono andati così a ricrearsi degli spazi dedicati esclusivamente a loro due: una serata in pizzeria, una passeggiata, una gita fuori porta, oltre al dedicarsi quotidianamente a quei piccoli grandi gesti di cura e attenzioni reciproche come ad esempio il preparare la cena la sera che la propria compagna/compagno è particolarmente stanco/a, oppure compiere quelle azioni che si sa fanno piacere all’altro. Tale esperienza ha fatto emergere quanto spesso si senta la mancanza del proprio partner in queste circostanze rendendo ancora più pesante e doloroso l’affrontare la malattia. Ma proprio su queste considerazioni si è voluto fare attenzione sul fatto che il disturbo in realtà si viene a manifestare proprio laddove è venuta a mancare la comunicazione. Spesso durante i laboratori si è discusso di quanto la malattia comunichi attraverso un suo linguaggio annullando completamente la comunicazione e divenendo lei stessa l’unico mezzo di unione-scontro all’interno della famiglia.
Inevitabilmente a pagarne le conseguenze sono i rapporti, sia di coppia sia di genitore-figlio/a. È come se ognuno parlasse un linguaggio diverso dall’altro e rendesse così impossibile ogni forma di interazione. E allora che cosa bisogna fare? Una mamma ha sollevato la questione in cui il proprio marito sta cercando di riprendere il rapporto con la loro figlia ma in cambio lui riceve un netto rifiuto da lei in quanto tra loro c’è come un muro che li tiene distanziati entrambi. La figura paterna spesso è stata messa ai margini, come se la malattia fosse una questione da risolvere solo tra madre e figlia/o. In realtà in ogni storia i padri hanno un ruolo principale detenendo sempre un posto particolare nel cuore delle proprie figlie o figli. Ci siamo soffermati a riflettere su come questo padre possa sentire e vivere tale situazione. Probabilmente per tale rifiuto si sentirà impotente, solo, incapace venendosi a creare in lui tutta una serie di emozioni difficili da gestire. In una condizione del genere è fondamentale avere il sostegno e la vicinanza del proprio compagno/compagna. Se la malattia ha cercato di danneggiare anche il rapporto di coppia, è importante andare a ricercare quel legame dentro di se’ che tempo addietro ci ha unito a quella persona.
Riscoprire quelle emozioni, quei sentimenti, quel volere condividere la vita insieme. È necessario recuperare questi ricordi perché non è possibile riavviare una comunicazione efficace se non si riconosce l’altra persona nella propria storia e la si continua a vedere come un’estraneo. Il linguaggio da ritrovare è il linguaggio che parte da se stessi e che nasce dal proprio cuore.
Un altro papà ha voluto condividere il suo sentirsi in errore per essere stato troppo presente con la propria figlia e ora lei non fa che ricercare la madre dandogli la sensazione di aver sbagliato in qualcosa. In realtà non ci sono errori in tali situazioni. Anzi. Il saper fare un passo indietro per dare spazio al riavvicinamento tra madre-figlia è un gesto del grande amore paterno del quale un giorno se ne riceverà in cambio una profonda gratitudine.
Bellissima è stata l’immagine poi data da un papà: il rapporto che nasce con la propria figlia o figlio è come un piccolo sassolino che si trova travolto dall’acqua che scorre impetuosamente.
Questo sassolino viene spostato un po’ di qua e un po’ di là per poi rendersi conto che in realtà quell’acqua che lo scuote così tanto è parte di un unico fiume che rappresenta la famiglia.
La frase che ci accompagnerà in questa settimana è: RITROVARE IL LINGUAGGIO DEL CUORE.


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